
Il fascino del matrimonio non perde vigore, ci si sposa solo più tardi rinviando così la scelta dopo aver trovato una stabilità economica. Sulla scia della tendenza, inarrestabile da decenni, a preferire il Comune alla Chiesa il novembre 2019 è stato il mese e l’anno dello storico “sorpasso»”: i riti civili hanno superato quelli religiosi.
In sé non è nè un bene ma un male, ma un dato statistico da osservare con attenzione e fare poi, ciascuno per le proprie competenze, qualche considerazione sul perché questo stia avvenendo. Va detto però che il trend decennale delle nozze resta in discesa mentre costante è la crescita delle convivenze, che sono più che quadruplicate in 20 anni.
I dati Istat rilevano anche un’Italia divisa a metà: al Sud ci si continua a sposare con rito religioso; è il Nord invece che alza la media dei matrimoni civili. Nelle regioni settentrionali infatti le nozze con rito civile sono il 63,9% mentre nelle regioni meridionali il 30,4%.
Vero è anche che il balzo in avanti dei matrimoni civili è in buona parte dovuto alle seconde e successive nozze, che sono aumentate in dieci anni dal 13,8% al 19,9%; il boom negli ultimissimi anni di secondi e terzi matrimoni è dovuto al divorzio breve (le seconde nozze e successive sono quasi sempre civili, 94,6%). Quindi scelgono di sposarsi in Comune chi è in seconde nozze, ma anche la stragrande maggioranza delle coppie in cui almeno uno degli sposi è straniero (89,5%).
Osservando i dati statistici si nota infine che alla tradizione delle nozze in Chiesa sono più legati i giovani, gli under 30, che scelgono il rito civile per il 24,8%; fra i 35-40enni il 37,8% dicono “sì” all’ufficiale di stato civile.